Da qualche decennio la Valpolicella è diventata il quartiere residenziale d’elezione di Verona: ville, villette, bi familiari o a schiera, hanno invaso colli e pendii per accogliere cittadini in fuga dal caos e dal traffico della città e in cerca di clima mite, aria, sole e tranquillità, tanto che più della metà della popolazione dei Comuni della zona proviene da altre zone, soprattutto da Verona.
Anche nei secoli passatila Valpolicella era ambita dai veronesi: già dal tredicesimo secolo si diffonde fra le famiglie benestanti del Comune cittadino la tendenza di trascorrere qualche periodo della bella stagione nelle proprie tenute in Valpolicella. Il boom si verifica a partire dal 400, quando i borghesi veronesi investono il guadagno delle loro floride attività commerciali o professionali nell’acquisto, magari a buon mercato, delle terre e delle case un tempo patrimonio dei monasteri cittadini, ora in crisi, o degli Scaligeri. Con acquisizioni mirate si accorpano le tenute, si ammoderna la vecchia ma solida casa a torre, affiancandole un bel caseggiato a portico e loggia, si mettono a frutto i poderi con nuove rotazioni, nuove colture, si sfruttano le sorgenti e i corsi d’acqua per irrigare prati e giardini delle ville.
In pieno Rinascimento, infatti, l’edificio principale del complesso, la casa da patron, viene rinnovato e dotato di barchesse, talvolta se ne costruisce uno nuovo, viene realizzato un bel giardino con aiole, fontane, statue e ninfei, il podere intorno alla villa, detto brolo, viene recintato con un alto muro. Viene anche costruita o ricavata in un angolo di una barchessa una cappella con un ingresso esterno per il pubblico e uno per i proprietari.
Dato che la villa funge anche da centro di governo della proprietà agraria, molta attenzione viene dedicata alla parte rustica, sempre più staccata dalla zona padronale, ma attrezzata e ben organizzata: le case per la servitù e la famiglia del castaldo (i contadini, quasi sempre mezzadri, cioè retribuiti con la metà del prodotto, vivono nelle corti dei vari poderi), le scuderie, la cantina, un ampio locale aerato e dotato di camino per l’allevamento del baco da seta, l’aia lastricata per trebbiare e mettere ad essiccare il frumento, le serre per gli agrumi, e le grandi vasche d’acqua per i pesci, da consumere il venerdì. Il brolo viene coltivato a frutteto e a vigneto, per garantire frutta e vino di qualità sulla mensa in villa e nel palazzo in città.
Ma il soggiorno in villa, dall’inizio dell’estate fino a vendemmia conclusa, non era certo turbato dalle preoccupazioni degli affari: le feste erano frequenti e intorno alla tavola si radunavano gli amici, i proprietari delle ville vicine (in Valpolicella le ville venete sono circa un centinaio), poeti e artisti, da Guarino a VeronicaFranco, da Vincenzo Monti ad Aleardo Aleardi, si tenevano concerti e rappresentazioni teatrali.
Spesso i proprietari erano persone colte, come il Nichesola di Ponton, che a fine 500 si fa affrescare da Paolo Farinati i suoi cari miti greci, o i Della Torre, o i Verità Poeta. A metà 500 Battista Del Bene ospitava nella sua villa di Volargne gli alti prelati del Concilio di Trento e forse per questo fa affrescare con soggetti religiosi il piano nobile. Marcantonio Serego si rivolge ad Andrea Palladio che lascia a Pedemonte una splendida villa incompiuta, oggi nota col nome di Santa Sofia. A Fumane in Villa della Torre, che risente dell’influsso di Palazzo Tè di Mantova e della riscoperta delle antiche ville romane, le quattro sale che si affacciano sul cortile porticato sono decorate da grandiosi camini a forma di mostri.
Villa Serego Alghieri a Gargagnago ospita da più di 650 anni i discendenti del sommo poeta Dante ed è adagiata ai piedi delle colline: perfettamente inserita nel paesaggio, col nobile palazzo, il grande brolo, la maestosa corte rustica e l’antico giardino.
Altre ville di notevole pregio artistico sono la maestosa Villa Giona Fagioli a Cengia, Villa Bertoldi di Negrar, a portico e loggia e un tempo dotata anche di un magnifico giardino su tre piani, Villa Zamboni ad Arbizzano, Villa Saibante, ora delle Suore Comboniane, rimasta incompiuta per il sopraggiungere della grande peste manzoniana del 1630. Affascinante è la settecentesca Villa Mosconi, ora Bertani, di Adriano Cristofali: facciata monumentale, salone affrescato, ampio e suggestivo giardino romantico, con finte rovine e laghetto. Più appartate sono Villa Porta ora Rizzini col doppio loggiato e Villa Lorenzi ora Benati in prossimità di Marano.
Anche Parona ha il suo bel corredo di ville: Villa San Dionigi, isolata sul colle, ricavata due secoli fa da un complesso del Monastero di san Zeno, di cui resta ancora la bella chiesetta romanica, Villa Monastero, che pure conserva la chiesetta romanica di San Crescenziano, Villa Zorzi, che i merli, aggiunti non molti decenni fa, rendono simile a un castello.
Purtroppo sono poche le ville facilmente accessibili al pubblico: solo Villa Del Bene a Volargne è di proprietà pubblica. I proprietari, su prenotazione, aprono Villa Della Torre. È aperto a particolari condizioni anche il giardino di Villa Rizzardi a Poiega di Negrar, uno dei più belli del Veneto, articolato com’è in aree di diverso gusto: vicino al palazzo c’è il giardino all’italiana, con aiole geometriche, ninfeo e sculture, poi c’è il giardino alla francese con le alte siepi di bosso, le prospettive, il viale dei carpini, il teatro verde e il belvedere, infine, in alto, il parco all’inglese con finte rovine, alberi d’alto fusto e sculture di animali disperse nel bosco.
Alcune ville, come Villa Bertani e Villa Giona, sono utilizzate come sedi di rappresentanza e ospitano banchetti e congressi, altre, come Villa Rovereti a san Vito, o Villa Saibante di san Pietro in Cariano, sono di istituti religiosi oppure, ed è il caso di Villa Quaranta a Ospedaletto o Villa Quar a Pedemonte, sono state trasformate in hotel.
Villa Lebrecht accoglie l’indirizzo enologico dell’Università di Verona, Villa Bertoldi di Settimo è sede dell’omonima fondazione, che vi organizza periodicamente concerti musicali e altri eventi artistici.
In genere, anche in occasione di visite guidate organizzate da istituzioni locali, è difficile accedere all’interno delle ville, per la preoccupazione dei proprietari di favorire incursioni indesiderate.
Si deve peraltro dire che molte ville hanno visto nei secoli passati periodi più o meno lunghi di abbandono, altre hanno subito i danni dell’occupazione tedesca dell’ultima guerra: pertanto non sempre gli interni hanno conservato gli arredi antichi o l’impianto originario.
Le ville venete della Valpolicella sono comunque un’altissima testimonianza di civiltà e ancora oggi ci ricordano come sia possibile e gratificante conciliare utile e dilettevole, interesse economico e gusto di vivere in un sereno equilibrio con l’ambiente.
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