Nelle famiglie molto numerose del passato l’evento della nascita non era niente di eccezionale: le donne di casa e le vicine per qualche giorno si mettevano al servizio della puerpera e poi, a parte la quarantena, le cose riprendevano come sempre. Il neonato veniva battezzato molto presto, quasi sempre il nome era quello dei nonni: fasciato stretto e tacitato con un succhiotto di stracci e zucchero, non interferiva più di tanto nella vita famigliare e quando cominciava a fare i primi passi, in luogo del moderno box, talvolta c’era el corgo (gabbia per il trasporto del fogliame).
Battesimo e cresima, più che grandi feste, erano l’occasione di rinsaldare rapporti di amicizia e di parentela con lo scambio di padrini e madrine.
Per quasi tutti l’unica scuola era quella elementare, frequentata però solo per qualche anno, dato che poi le ragazze potevano essere utili in casa o essere messe a servizio in città e i ragazzi erano impegnati nel lavoro dei campi o nel pascolo degli animali: se non c’era sufficiente lavoro in casa venivano collocati, anno dopo anno, in altre famiglie come famej (servi di campagna).
La prima vera festa era quella dei coscriti, 3 giorni di baldoria in coincidenza con la visita di leva, a volte con il seguito di un piccolo complesso di suonatori. Il servizio militare era quindi la prima, e per molti l’unica, esperienza di viaggio fuori provincia e di vita diversa dal tran tran paesano.
Il fidanzamento aveva una sua importante ritualità: dopo una frequentazione (discorer) più o meno lunga, ma sempre sotto lo sguardo vigile della mamma o di una sorella della fidanzata, la cosa diventava ufficiale con l’incontro tra i genitori e la consegna dell’anello.
Il matrimonio vedeva l’unico vero grande pranzo della vita contadina, preparato dalle donne di casa, ma ricco di portate e di vino perché in esso veniva letto il livello di prosperità della famiglia dello sposo, come la dota (il corredo) connotava il benessere di quella della sposa.
Usanze diffuse erano quelle di brusar el sesto (bruciare il cesto) sotto le finestre dell’eventuale ex fidanzato e di batere i bandoti (picchiare barattoli di latta) ai vedovi che si risposavano.
Qualche annotazione sulla vita sociale, che ruotava tutta intorno alla chiesa. Ogni contrada aveva il suo santo protettore e quindi la sua sagretta fatta di poche cose: la processione solenne, gli archi trionfali, qualche banchetto di dolciumi e il vino.
Il ciclo della vita si concludeva in casa dove era iniziato: amici e parenti partecipavano alla veglia funebre nella notte precedente il funerale quando il morto veniva accompagnato in chiesa e poi sul cimitero praticamente da tutto il paese.
Questo sito utilizza dei cookie che ci aiutano ad erogare i servizi. Continuando la navigazione l’utente accetta le nostre modalità d’uso dei cookie stessi.OkNoinformativa estesa
Puoi revocare il tuo consenso in qualsiasi momento utilizzando il pulsante Revoca il consenso.Revoca il consenso
Commenti recenti