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Cantar la stella di corte in corte

Da anni ormai è rinata la tradizione del ‘cantar la stella’, cioè girare in gruppo, con tanto di stella girevole, per le strade nelle settimane prima di Natale a cantare nenie natalizie per raccogliere un’offerta, sempre destinata a beneficenza, e scambiarsi auguri per le feste e buoni auspici per l’anno che viene. La tradizione è rinata senz’altro per dare concretezza al bisogno di radici, cioè di sentirsi ben dentro una comunità e la sua cultura e anche per incanalare la voglia di festa dentro usanze radicate nel nostro non lontano passato.

Qualcun altro la voglia di festa la esprime esponendo a una fredda ringhiera, o su un poggiolo ben chiuso un Babbo Natale di plastica, ma arrampicatore: si vede che i camini ci sono solo per bellezza e le loro canne fumarie, forse chiuse, sono inadeguate a un Babbo Natale arzillo vecchietto senza macchia e senza paura. O forse la sua favola non poteva conservare quel cuore indefinito e inespresso di tutte le fiabe antiche: nella nostra infanzia si preparava sì il bicchiere di vino per il gastaldo di Santa Lucia e anche il fieno per l’asinello, ma non c’era bisogno di sapere che effettivamente la Santa(a proposito giovane o vecchia?) era scesa o meno dal musso, aveva salito la lunga scala esterna e aveva piazzato ben in ordine sulla tavola una bella fila di piatti stracolmi di dolciumi e altro.

Il cantar la stella conserva invece il suo bel nucleo di fascino nascosto di miti lontani e intimamente legati: la processione propiziatoria che invoca e promette doni e abbondanza, che mantiene vivo il fuoco del sole, che prega e canta a nome di tutti.

Il fascino è ancora più evidente se, come capita nelle contrade di Marano su iniziativa della Pro Loco, il canto delle stella vaga per le corti, dove la scarsa luce ricrea facilmente l’ambiente di un tempo, con l’arco di ingresso, i portici, l’odore del vino, le scale che salgono a porte illuminate. Dopo un primo attimo di suspense, “Ci accoglieranno?”, parte il canto e le porte si aprono, qualcuno scende in mezzo alla corte e sembra quasi che venga a offrire, come una volta, un bicchiere di vino con un fiasco in mano: è invece la doverosa offerta, qui destinata all’adozione a distanza di bambini filippini. L’accoglienza è quasi dovunque entusiastica tanto che non c’è nemmeno tempo di cantare, come pure si usava, ai pochi mal disposti la strofa di malaugurio: le famiglie della contrada sono tante ed è una fredda notte di dicembre.

1 commento

    • Lucchese Giovanni il 13 Novembre 2017 alle 16:31
    • Rispondi

    Sarei lieto di sapere il testo di cantar la stella. grazie

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